La cena finale
Due mesi dopo, si sedettero uno di fronte all’altro nello studio del loro avvocato, firmando i documenti che sancivano la fine di mezzo secolo di matrimonio. Una volta completato l’atto, l’avvocato, che li conosceva da anni, li invitò a cena al ristorante dove Charles le aveva chiesto di sposarlo cinquantuno anni prima.
Rose accettò per cortesia. Charles accettò perché la amava ancora.
Il ristorante non era cambiato. Panche rosse. Luci soffuse. La canzone “Unforgettable” risuonava dolcemente sopra di noi.
Charles sorrise. “Ti ricordi questa canzone?”
Rose annuì ma non sorrise.
Ordinò per entrambi, come sempre. “Un’insalata piccola per te, salmone alla griglia per me. La luce qui è forte; devi comunque stare attento agli occhi.”
Rose si bloccò. Il suo petto si strinse.
Ed eccola di nuovo: quella calma e quella padronanza di sé che aveva scambiato per attenzione. “Non puoi più decidere per me, Charles”, disse con voce tremante.
“Rose, non ero…”
“Posso ordinare la mia insalata.”
Si alzò. Il silenzio calò di nuovo nella stanza. Se ne andò, lasciandolo solo al tavolo.
La lettera
Quella sera, Charles tornò nella loro casa ormai vuota e si sedette alla scrivania. La sedia scricchiolava sotto il peso di cinquant’anni di amore e rimpianti. Tirò fuori un foglio di carta da lettere, il tipo che Rose usava per le sue lettere di compleanno, e iniziò a scrivere.
Mia carissima Rose,
non so come riparare ciò che si è rotto tra noi, ma so che lo farei se potessi.
Non è mai stata mia intenzione controllarti. Volevo solo prendermi cura di te.
Quando abbasso le luci, è perché ricordo come strizzi gli occhi quando la luce è troppo forte.
Quando ordino la tua insalata, è perché ti ho guardata scegliere i pomodori ogni volta negli ultimi 50 anni.
Forse è questo il mio problema: ti ho amato nell’unico modo che conoscevo: con discrezione, con i fatti piuttosto che con le parole.
Se ti ho mai fatto sentire in trappola, mi dispiace. Ho sempre voluto solo proteggerti.
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